Le elezioni dell’Ordine degli Architetti di Milano si avvicinano e la lista “Architettiamoci” propone nuovi volti, nuove idee, voglia di cambiamento. Ce ne parla una delle candidate, Laura Galli, che ci racconta chi è, come progetta e come mai ha scelto “Architettiamoci per Milano”.
Ciao Laura, raccontaci di te. Età, provenienza, passioni, professione.
Ciao. Sono nata a Milano, ho 36 anni e sono architetto. Ho viaggiato molto e ho anche vissuto all’Estero ma, oggi, sono qua, a “casa” e mi piacerebbe riuscire a rimanerci. Amo viaggiare, fotografare e correre. Sono maratoneta e corro a livello agonistico, cercando di conciliare lavoro, impegni della quotidianità e sport. Adoro anche l’arte, il teatro e il cinema: a volte, nonostante sia una persona molto attiva, riesco anche a stare seduta qualche ora.
Cosa ti ha spinto a scegliere la via dell’Architettura? Di cosa ti occupi? In cosa si differenzia il tuo approccio?
Ho fatto il liceo scientifico ed ero brava a scuola per cui avrei potuto scegliere praticamente qualsiasi facoltà.
Sono sempre stata molto curiosa e, pur non avendo una formazione nel campo, mi affascinava la sensazione di benessere che provavo in alcuni spazi – case, edifici pubblici, piazze, giardini,… – e il malessere che invece ne suscitavano altri.
Penso di aver deciso di studiare architettura proprio per questa ragione e quando ho capito che lo spazio costruito, necessario per la società, può influenzare stati d’animo, sensazioni, in generale, la nostra vita. Affascinante scoperta in giovane età.
Credo di essere riuscita a migliorare gli spazi in cui ho messo mano finora.
Mi occupo principalmente di progettazione e di interni anche se mi sono laureata con una tesi in restauro fatta al CNR di Roma.
Sono convinta che ognuno di noi sia unico e abbia delle esigenze specifiche che devono essere ascoltate oppure, quando non espresse, capite. Solo in questo modo è possibile disegnare uno spazio e un’atmosfera ad hoc sull’individuo. Penso che la bella architettura possa davvero far stare meglio le persone.
Cosa dovrebbe fare l’Ordine per il professionista? Cosa fa? Cosa vorresti che facesse?
Sinceramente fino ad oggi non ho sentito molto “mio” l’Ordine.
Ho avuto diverse occasioni di confrontarmi con i vari uffici, sia per le parcelle, sia per contratti complicati e questioni difficili da gestire con cliente ma, nonostante la preparazione che non metto in dubbio trovata negli interlocutori, ho vissuto un rapporto molto freddo.
Non sto sostenendo che si debba trovare un’atmosfera di amicizia all’interno dell’Ordine ma penso che ci dovrebbe essere più “integrazione”, anche per i nuovi iscritti, i giovani e i professionisti che ancora non sanno bene come muoversi, magari semplicemente perché non hanno mai avuta la necessità di usufruire dei servizi offerti.
L’Ordine deve certamente informare ma anche, in qualche modo, sostenere i professionisti.
Dovrebbero esserci più occasioni di incontro su tante tematiche che possano coinvolgere tutti i professionisti iscritti.
Negli uffici sarebbe bello che si respirasse un’atmosfera da professionista a professionista.
Che differenze tra Italia ed estero?
Ho lavorato in Irlanda e in Australia dove non ho avuto modo di confrontarmi con gli Ordini Professionali, ma con la vita negli studi di architettura e degli enti comunali.
All’Estero c’è una grande collaborazione tra colleghi e negli studi sono presenti poche persone iscritte all’Ordine che possono firmare i progetti. Avere un timbro non ti rende architetto di serie A, in quanto la vera differenza in un progetto la fa il team che ci lavora, non solo chi firma.
Sono realtà molto differenti e difficilmente si trovano professionisti che lavorano soli o con un solo socio. C’è molta aggregazione e condivisione.
In Italia, purtroppo, c’è tanta competizione. Forse la presenza di moltissimi (troppi?) architetti, la concorrenza con i geometri (inesistente all’Estero!) e il poco lavoro che dobbiamo dividerci tra molti ci rendono “gelosi” di quel che è nostro e non vogliamo condividerlo con nessuno.
Penso però che un modo per migliorarci tutti e dare alla società un servizio migliore sia quello di specializzarci (basta essere tutto-fare e fare-tutto in maniera mediocre!) e collaborare con i colleghi.
Quali temi dovrebbero essere maggiormente affrontati dall’Ordine e dai professionisti?
Penso che uno dei problemi più grandi della nostra professione sia l’autorevolezza: quante volte ho sentito la frase “ma non ho mica bisogno di un architetto: lo so fare pure io!”. All’inizio della professione questa frase mi ha spezzato il cuore più volte. Poi però ho visto parecchie persone pentite di aver pronunciato questa frase: mi sono rincuorata e ho anche capito come reagire quando la sento.
Vorrei che nessuno pensasse più che il nostro è un lavoro senza valore e, per far questo, oltre ad impegnarsi in una campagna di comunicazione, ci sarebbe bisogno del supporto di tutti i professionisti, uniti.
La reintroduzione dei tariffari sicuramente aiuterebbe a debellare una situazione di auto-distruzione della nostra immagine di architetti che noi stessi stiamo dando: continuando a fare la “guerra” tra di noi e a fare offerte al ribasso non ci stiamo certamente facendo un favore. Anzi.
Come, mai, tra tante liste, hai scelto “Architettiamoci per Milano“?
Perché mi sono piaciuti molto alcuni temi, l’eterogeneità delle persone coinvolte, lo scambio di idee e di esperienze diverse.
Credo nei valori di partecipazione, di collaborazione e sinergia.
C’è davvero la democrazia partecipata nelle riunioni di Architettiamoci?
Si, assolutamente. Vengono ascoltati tutti e vengono presi in considerazione tutti i diversi punti di vista. Forse l’unica cosa che viene poco tollerata è il pessimismo e la distruttività incondizionata.
Quali le istanze più sentite?
Aggregazione, collaborazione, sinergia, interazione, comunicazione.
Questo vale nei rapporti tra colleghi, con la società e con gli Enti/Pubblica Amministrazione.
Chi altro vorresti si avvicinasse al progetto?
Siamo un gruppo abbastanza eterogeneo e penso che sia un valore aggiunto.
Spero che avremo il consenso e, soprattutto la partecipazione, di chi finora si è sentito un po’ lontano dalle questioni legate all’Ordine e chi pensa che sia arrivato il momento di un cambiamento.
Quale la visione verso giovani iscritti all’Ordine, neolaureati e Millennials?
Come già detto, vorrei che l’Ordine non apparisse come “quella cosa che devo pagare per forza per avere un timbro e poter presentare i progetti”. Io, all’inizio della professione, lo ho vissuto un po’ così, ma vorrei davvero che cambiasse molto.
I nuovi iscritti e i giovani in generale meritano un’attenzione in più, anche di tutela, in un momento in cui entrare nel Mondo del lavoro è davvero complicato.
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Come, quando e dove si vota?
intervista a cura di Irriverender Architetto Bonnì,
Ufficio Stampa e Social Media Manager per la lista “Architettiamoci per Milano”
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