Scratch, pensiero computazionale, robotica educativa, coding: ce ne parla Gianfranco De Giglio, docente e autore di due libri, uno per la scuola primaria e l’altro per la scuola secondaria di primo grado, utilissimi anche per la preparazione del concorso ordinario e straordinario bis docenti 2022.
Come insegnante di coding, come ho già scritto nell’intervista per superprof e nell’articolo per Ultimavoce, penso che sia importante avere i migliori testi, se non si vogliono prendere lezioni di coding.
Qual è la storia del pensiero computazionale nella didattica?
Ritengo che lo sviluppo del pensiero computazionale nella didattica ci sia sempre stato ogni qual volta sia stato applicato il “Ciclo di Deming” PLAN-DO-CHECK-ACT per la risoluzione di un problema, ovvero ogni qual volta sia stato insegnato a suddividere problemi più grossi in sottoproblemi risolti inoltre in maniera algoritmica (ossia con sequenze ordinate di istruzioni).
Cos’è il coding e come si lega all’informatica?
Paradossalmente ritengo non siano tantissime le similitudini tra coding e informatica; gli unici legami tra loro sono relativi alla sequenza algoritmica di istruzioni e all’esistenza di costrutti quali i cicli decisionali “if…then…else” o iterativi “for”, “do…while”, “while..do”.
Per il resto ritengo che il coding sia più una metodologia didattica atta a sviluppare il pensiero computazionale, le capacità di problem solving, il pensiero logico e creativo, ecc, ossia a sviluppare competenze interdisciplinari e trasversali.
Coding e linguaggi visuali: cos’è scratch?
Scratch è una fantastica piattaforma sviluppata dal MIT di Boston che permette, senza utilizzare un vero e proprio linguaggio di programmazione, ma in maniera visuale, di imparare i rudimenti della programmazione, basato sulla Metafora della rappresentazione teatrale. La forza di Scratch, sta nel fatto che, permettendo la condivisione di lavori tra utenti di tutto il mondo, consente la realizzazione della cosiddetta “Spirale dell’apprendimento creativo” favorendo inoltre la peer education e l’apprendimento di diverse discipline in maniera ludica e collaborativa.
Ci parli del tuo libro di coding per la scuola primaria? E’ adatto come primo libro di coding?
Il libro “Dal pensiero computazionale alla robotica educativa”, è stato scritto per gli insegnanti di scuola primaria, ma non solo… anche per tutti quegli insegnanti che iniziano ad “affacciarsi” a questo meraviglioso Mondo del coding e della robotica educativa, con suggerimenti su come realmente applicare tali metodologie in classe e con esempi guidati realizzati sia con Scratch che con i robottini Ozobot (ma gli esempi possono essere realizzati anche con altri kit robotici) necessari per far comprendere come siano realmente fruibili nella didattica quotidiana.
Ho cercato di scrivere in un libro ciò che realmente espongo ai docenti durante i primi incontri dei miei corsi di formazione. Il linguaggio infatti è molto informale e soprattutto scevro di fronzoli in maniera da arrivare direttamente al “dunque”.
Ci parli del tuo libro di coding per la scuola secondaria?
Il libro di testo “Laboratorio di Coding e Robotica” della SEI Editrice, è stato scritto invece per essere utilizzato in classe, con applicazioni pratiche di coding e robotica educativa (tre esempi guidati per ogni anno) di argomenti svolti nel curricolo di Tecnologia (A060) nel corso del triennio. Al fine di mostrare come coding e robotica educativa non siano discipline a parte, ma vere e proprie metodologie didattiche.
E’ un libro di coding adatto anche agli insegnanti di tecnologia (a60) che vogliono fare il concorso ordinario e straordinario bis scuola?
Certamente! Entrambi possono fornire spunti per il concorso. Soprattutto perchè mostrano tutte le fasi da seguire per implementare una attività di coding o di robotica educativa.
I tuoi libri contengono esempi di programmazione con scratch?
Sì, entrambi. E contengono esempi guidati passo passo e soprattutto applicazioni didattiche.
Scratch è un linguaggio di programmazione? E blockly?
Direi che così come Scratch non è un vero e proprio linguaggio di programmazione, tale non è nemmeno Blockly; in realtà i due sono dei linguaggi “visuali”, ossia dei linguaggi che non hanno una vera e propria sintassi (come possono essere per esempio C++, Pascal, Phyton, ecc), ma utilizzano sequenze di blocchi (ognuno dei quali sottintende istruzioni ben precise) la cui funzione è esplicitata in maniera più semplice (per i bambini più piccoli dell’infanzia o dei primi anni della primaria, ad esempio, tali blocchi hanno anche un disegno che permetta di comprendere l’istruzione da seguire come avviene in Scratch Jr).
Cos’è un linguaggio “visuale”? Con scratch si impara la programmazione?
Come dico sempre ai bambini, ma anche ai docenti durante i corsi di formazione, con Scratch non si impara un linguaggio vero e proprio di programmazione, bensì come questo sia strutturato.. ossia si impara il “computerese” (lingua parlata dai computer) o il “Robotichese” (lingua parlata dai robot.
Scratch c’entra anche con la robotica?
Assolutamente sì. Scratch solitamente è quasi sempre propedeutico ad attività di robotica educativa e ultimamente anche per un semplice motivo, ossia perchè la maggiorparte dei robot educativi in commercio si programmano con Scratch o con software dedicati che però hanno gli stessi blocchi di Scratch (si pensi al software mblock5 necessario per programmare i vari robot della Makeblock o schede arduino, ecc).
Da un po’ di tempo, anche il software per programmare i Lego Mindstorm o il nuovissimo kit Lego Spike Prime è stato realizzato con blocchi simili a quelli di Scratch.
Ci parli dell’uso didattico dei robot?
L’obiettivo della robotica educativa è, come dico sempre, imparare con i robot e non solo imparare a programmare i robot.
Pertanto è fondamentale avere sempre ben chiaro l’obiettivo o gli obiettivi che si intendono perseguire e solo allora si passa a illustrare (come spiegato nei miei libri) agli alunni uno scenario e a “problematizzarlo”… Fatto ciò gli alunni, divisi in gruppi eterogenei, provano a ipotizzare delle possibili soluzioni e sperimentano in pratica la bontà o meno delle loro ipotesi; si confrontano, osservano anche gli altri gruppi, effettuano talvolta anche ricerche in rete per degli spunti e successivamente provano nuove soluzioni. Alla fine di tutto è fondamentale l’aspetto della riflessione finale, durante la quale valutano il proprio lavoro, le difficoltà incontrate e i risultati raggiunti e anche l’interazione all’interno del gruppo.
Altro aspetto fondamentale della robotica educativa è quello legato all’inclusione nonchè al fatto che i robot o “piccolini” (come li chiamo io) hanno un forte impatto emozionale e dunque possono essere degli ottimi mediatori soprattutto in caso di diversabilità.
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