Come accettare l’alopecia? Miecia, ci insegna come si può vivere una diversità, ma renderla “normale”, amandosi e accettandosi, e ispira tante persone, ragazzi e ragazze, giovani e meno giovani, ad accettarsi. Miecia ci parla del conformismo che colpisce i giovanissimi, e delle pressioni sul tema della bellezza che vivono le ragazzine, tutte uguali e con i capelli lunghi, e promuove che si parli di alopecia anche nelle scuole.
Ciao Miecia! Dicci di te
Da quanto devi convivere con questa strana coinquilina che è l’alopecia?
Come hai vissuto i primi periodi?
Io amavo i miei capelli, ero quel tipo di donna che ama cambiare taglio, colore e look. Assistere alla caduta dei capelli fa malissimo e porta depressione. Un dolore immenso. La prima cosa che si prova è vergogna. Per fortuna, è successo in prossimità dell’autunno, e ho nascosto la cosa con una sciarpa e un cappello. Nessuno se ne è accorto, neanche mio figlio. Sapeva della caduta solo il mio compagno. Personalmente, invece, era un grosso problema: piangevo davanti allo specchio, uscivo di casa il meno possibile, e indossavo sempre un cappellino, anche di notte, perché provavo vergogna a farmi vedere così dal mio compagno. Ricordo ancora adesso quella grande sofferenza che ho provato per mesi.
Cosa ti ha dato la forza di accettarti?
Sembrerà strano, ma la prima volta che mi sono sentita meglio è stata quando mi sono rasata a zero da sola. Mi sono guardata negli occhi e ho guardato la mia testa pelata. Ho iniziato a guardarmi allo specchio spesso, parlavo a voce alta allo specchio, e dicevo che tutto sommato ero bella anche così: pelata!
Questo esercizio mi ha aiutato tantissimo. Dentro di me avevo uno scontro: una vocina diceva che non era vero che ero bella anche così, che mi stavo dicendo cavolate, ma io continuavo a parlare con me e stavo meglio.
A quel punto, ho deciso di uscire di casa senza cappello e sciarpa. Perché dovevo nascondermi? Stavo bene anche così.
Mi sono fatta vedere calva, pelata, e le prime volte è stato molto difficile. Mi sono resa conto che la donna calva non è accettata nel mondo. Mi guardavano male, parlavano male di me, sottovoce e mi tenevano gli occhi addosso.
Inizialmente ho avuto pensieri molto contrastanti. Non era facile sopportare questo, ma alla fine ho deciso di fregarmene e andare per la mia strada, e così ho fatto. Per me era una sofferenza portare qualcosa in testa col caldo che faceva, e ho deciso di ignorare gli altri: la vita è breve e io volevo vivere.
Con la mia forza interiore ho imparato a fregarmene del pensiero della gente. Ho avuto un grande aiuto da parte del mio compagno, la mia spalla, come alcune persone lo chiamano sui social: Luciano, fin dal primo giorno mi ha detto che non vedeva alcun problema nella mia caduta dei capelli. Diceva che non c’era niente di male e che ero bella così com’ero. Avere una persona che ti supporta e ti dice che vai bene così come sei è un grandissimo aiuto.
La perdita dei capelli, anche in relazione al cancro, viene vista sempre come un’umiliazione. Come se ai capelli si associasse per forza l’essere donna o femminile. Eppure non dovrebbe essere così. Che ne pensi?
Per questo, perderli è un’umiliazione. Succede anche alle donne che fanno la chemioterapia ed escono di casa con un foulard: tutti capiscono che stanno facendo la chemioterapia, eppure le guardano e ridono, e lo fanno ancora di più con me che non metto bandane, pelata. Non mi offende la parola “pelata”, perché è un dato di fatto. La gente era scioccata dal fatto che non mettessi cappelli e foulard per uscire.
Spesso vedo donne e uomini nati negli anni Quaranta e Cinquanta, persone che ora hanno Sessanta e Sessant’anni, che mi fissano, poi tolgono lo sguardo, mi sorpassano, e poi si girano e mi fissano. A volte fanno anche commenti come “Sei matta? copriti!”, e se non li fanno, lo pensano. Ad una di loro, che mi aveva detto di coprirmi, ho risposto: “Perché, sono nuda?”. Lei era molto imbarazzata: si aspettava che io subito corressi a mettermi una parrucca. Queste persone non riescono a capire che si possa vivere la normalità, senza parrucche e foulard. Io ho reso “normalità” il mio stato di persona senza capelli.
Non ho capelli, e allora? Tanti uomini sono calvi e ciò viene vista come una cosa normalissima, e io vorrei far passare il messaggio che anche una donna calva può essere “normale”. Tante donne sono calve, molte per la chemio, ma tante altre per l’alopecia. Molte ragazze sono anche molto giovani, sono disperate e non riescono ad uscire senza la parrucca, anche se magari stanno male indossandola. Molte donne non si riescono a vedere donne senza i capelli.
Le donne sono bombardate da ideali di bellezza: deve essere magra, snella, e con i capelli lunghi. Mi piacerebbe trovare altre donne coraggiose che camminano a testa alta senza niente sulla testa, calve, mi piacerebbe andare in piazza a Milano, o a Roma, e camminare, in cinque, in dieci, per far vedere che siamo normali, non extraterresti. Siamo donne che, magari per malattia o altro, sono calve.
Il taglio dei capelli alle donne è stato spesso associato alla punizione, come è avvenuto nei campi di sterminio. Perchè?
Ancora oggi è un’umiliazione perché nelle strade si vedono solo ragazze e ragazzine con i capelli lunghi, e se una ragazzina viene costretta a tagliare i capelli, magari dalla mamma, la vive come una punizione. E’ la società che impone questo standard: non hai i capelli lunghi, allora non sei bella.
Non sono per niente d’accordo: ogni donna o ragazza dovrebbe fare dei propri capelli quello che vuole.
Spesso nelle classi tutte le bambine e ragazzine hanno i capelli lunghi e giusto una o due si discostano dal conformismo. Non pensi che questo poi porta a non accettare chi, per sorte o per scelta, è diversa?
Quando ero giovane c’erano tante ragazze con i capelli corti e persino rasati e nessuno diceva niente. Al massimo c’erano commenti per dire se una ragazza stava bene o no. C’era una “varietà delle teste”. Oggi le ragazze sono tutte uguali, fatte con lo stampino. Al massimo cambia il colore, oppure la piega (lisci, ricci, mossi), ma sempre lunghi. Ho cambiato tantissimo i miei capelli: lunghi, corti. Oggi, fin da bambine hanno tutte i capelli lunghi. Mio figlio, da piccolo, amava i suoi capelli lunghi, e io glieli ho fatti tenere lunghi, e tutti mi dicevano che “dovevo” tagliarglieli. Alla fine mi ha chiesto di provare ad averli corti, e poverino non si piaceva, ma almeno lo aveva scelto lui.
Purtroppo, essendo tutte le ragazzine con i capelli lunghi, chi ha un taglio diverso viene vista come diversa. Sui social voglio far passare questo messaggio: di non essere così attaccate ai capelli. Se ad una ragazza chiedessi “Cosa vuoi tagliare? una maglietta o i tuoi capelli?”, a malincuore sceglierebbero la maglietta, anche soffrendo, piuttosto che tagliare anche solo un centimetro dei capelli. In un reality show, Il Collegio, c’era una puntata in cui la direttrice aveva chiesto un taglio di capelli, per uniformità. Sono rimasta sconvolta dai pianti e dalle resistenze per il taglio di pochi centimetri di capelli, anche se effettivamente ad alcune hanno tagliato un bel po’, anche 20 centimetri, visto che alcune avevano i capelli fino alla fine della schiena, ma del resto, se questa era la regola del programma, l’errore è stato partecipare.
Sono solo capelli! Tanto ti ricrescono. Persino i ragazzi non capivano queste proteste, eppure la società porta le donne a questo: ad essere alte, snelle, e con i capelli lunghi. Se una è un po’ diversa, le si parla alle spalle e si genera tanto dolore. Le ragazze si sentono sotto pressione e per questo preferiscono essere simili alle altre per evitare attacchi.
Quando ero alle scuole elementari c’era un bambino con l’alopecia ai capelli e alle sopracciglie e i bambini, incuriositi dalla diversità, ne parlavano. Anche oggi ci sono tanti bambini “diversi”, ad esempio con la vitiligine, e ci sono molti programmi scolastici d’inclusione. Secondo te cosa può aiutare davvero i ragazzi ad includere chi è fisicamente o psicologicamente, diverso?
Si dovrebbe parlare delle diversità, dovrebbe far parte del programma scolastico. Si dovrebbe parlare sia delle diversità fisiche che di quelle psicologiche. Si parla molto poco anche di autismo, e ovviamente di alopecia. I ragazzi con delle diversità dovrebbero essere inclusi dai cosiddetti ragazzi “normali”, loro e le loro famiglie dovrebbero intervenire, raccontando la loro storia. Ad esempio, un ragazzino o ragazzina con l’alopecia dovrebbe condividere come è successo, perché parlarne combatte l’ignoranza.
A volte il problema è solo la mancanza di informazione e la scuola potrebbe fare molto in tal senso, in modo che i ragazzi sarebbero preparati alle diversità che si possono incontrare nella socialità, e, tramite le informazioni, le diversità diventerebbero ordinarie, comuni, e sarebbero incluse.
Io cerco di fare molto anche col mio canale. Alcune persone, curiose, mi fanno domande, a volte anche un po’ invadenti, ma io rispondo, per fare informazione, e dico che mi sono accettata, cosa rarissima nel caso dell’alopecia, e a cui non sono abituati.
Da quel momento, iniziano a seguirmi, e questo è molto positivo. In questo modo, loro scoprono realtà diverse, e rendersi conto che l’alopecia può colpire qualsiasi persona, ed è meglio arrivare a questa esperienza informati, in modo che l’alopecia può diventare anche un’amica. Dovrebbe essere fatta una cosa simile anche nelle scuole, e altre persone, anche giovani, con l’alopecia, dovrebbero contribuire ad informare sul tema.
Alcune donne rasano i capelli, o li portano molto corti, per scelta, ma spesso sono accolte male ai colloqui di lavoro, come se fossero “strane”. Addirittura viene messo in dubbio il loro orientamento sessuale. Perché questo avviene?
Se una ragazza si presenta con i capelli corti, viene percepita subito come diversa. Si pensa subito che abbia qualcosa che non va, o si pensa che non sia etero, cosa che non è “un problema”, ma così viene vista molto spesso.
Anche nel mondo del lavoro, si vuole che i e le dipendenti siano belli e belle, e la bellezza deve aderire ad un certo canone. Ad esempio, si deve essere giovani, e i giovani sono sempre tutti uguali, fatti con lo stampino, con vestiti simili, e stessi capelli. La diversità che c’era qualche decennio fa sembra sparita. Eppure se una persona si sente bene con se stessa fuori dagli stereotipi, che male c’è? Solo chi è forte riesce a sostenere la pressione sociale legata al presentarsi in modo diverso dal “solito”.
Sei molto autoironica e reciti tanti personaggi, compresi i “bulli” che ti guardano, ti giudicano, con sorpresa e morbosità: come ti è venuta l’idea di parlarne in un canale?
Ho iniziato con Tik Tok e non usavo la mia figura, ma quando ho iniziato a farmi vedere in faccia, le persone hanno iniziato a chiedermi cosa è successo, pensando che avessi il cancro, e che quindi facevo la chemioterapia. Quando ho iniziato a dire che ho “solamente” l’alopecia, ho scoperto che quasi nessuno, giovani e non giovani, non sapevano di questa malattia, e ho deciso di informare tramite i video.
Ho scoperto tanta curiosità e preoccupazione, da parte soprattutto delle persone giovani, terrorizzate che potesse capitare a loro. Ho spiegato che ci sono vari tipi di alopecia, e che bisogna mantenere la calma, ma potrebbe succedere. Mi chiedono molto spesso perché non ho i capelli, o mi chiamano “pelata”. Io non mi offendo, è un dato di fatto, ma queste domande arrivano proprio perché la scuola non ha informato, e questo non riguarda solo l’alopecia, ma tutte le diversità, perché i ragazzi non sono ostili, solo curiosi, e vorrebbero solo essere informati. Per questo sarebbe davvero importante parlarne.
Su quali social sei presente?
Uso principalmente tik tok, dove faccio anche le dirette. Sono poi anche su instagram: principalmente uso questi due, e se fossero di più diventerebbe un lavoro, perché fare i video e montarli richiede il suo tempo. Io dedico una o qualche ora al giorno al canale, per rispondere alle domande e informare.
Ti hanno contattato altre persone con l’alopecia? ragazzi, ragazze, di che età? O magari genitori? Come si rapportano a te? Ricevi mail di ringraziamento?
Ogni giorno ricevo contatti di persone di qualsiasi età e genere. Persino dei bambini di 8 anni mi hanno chiesto per capire perché non ho capelli, e anche genitori di bambini con alopecia, o ragazzi sui vent’anni con alopecia. Ad esempio, dialogo con una ragazza di vent’anni che porta la parrucca. Io spingo tutti ad accettarsi. Col tempo, le cose cambiano, e il cambiamento va accettato: anche chi non ha l’alopecia, del resto, invecchia, cambia! Con alcune persone dialogo da tempo, anche telefonicamente. Ad esempio, questa ragazza giovane mi fa complimenti per il mio coraggio, e mi racconta che al momento non riesce a presentarsi al mondo senza parrucca. Io dico a tutti che ognuno deve esporsi quanto può e vuole, con calma e senza fretta. Ricevo molte richieste di consigli, ad esempio, per reagire al bullismo, sperimentano i miei consigli e poi mi fanno sapere, e consiglio esercizi davanti allo specchio per imparare ad amarsi, e loro mi confermano che sono riusciti ad accettarsi, ogni giorno un po’ di più, piano piano. Ricevo molti ringraziamenti per l’incoraggiamento che do tramite i video, e loro cominciano a pensare a se stessi in modo diverso e ad amarsi, e tutto questo mi fa capire che quello che faccio col canale aiuta molte persone a stare meglio.
Hai dei e delle follower senza alopecia ma che si identificano con il tuo coraggio magari per altre ragioni?
Si, mi contattano anche persone con altre diversità. Ad esempio, vittime di bullismo che cercano il coraggio per reagire, e, seguendo i miei consigli, poi mi fanno sapere se la situazione è migliorata.
Ho visto che ti mandano domande banali, come che shampoo usa una “pelata”. Nascondono un sottile bullismo, o si tratta solo di ignoranza?



Hai a che fare anche con gli haters?
Ci sono anche gli haters. Scrivono commenti sgradevoli, anche se ora Tik Tok modera le offese peggiori. Quando vedo commenti pesanti, rispondo in modo sereno. I miei follower mi dicono di non rispondere nemmeno, di ignorarli, ma io rispondo in modo pacato per dimostrare che si può essere civili anche con gli incivili, e dico la mia.
Quale termine è offensivo e quale no? Calva, Rasata, Pelata…
Perché tutte queste pressioni per l’uso di bandane e parrucche? E’ ancora così scandaloso che una donna non sia “incorniciata” dai capelli?
Purtroppo sì. Non viene accettato che una donna calva vada in giro senza parrucca. Penso che molte donne, quando mi vedono pelata, provino paura che capiti a loro, e si immaginino prese in giro da tutti. Spesso fanno finta di non guardarmi, ma poi le scopro a fissarmi. Sia sui social, che dal vivo, implicitamente o esplicitamente, loro mi chiedono di mettere la parrucca, affinché non siano disturbati dalla mia testa.
E’ assurdo che la società ancora non sia pronta, ma è anche vero che ancora troppe poche donne hanno il coraggio di farsi vedere senza parrucche, bandane e capelli. Come si è normalizzato l’uomo calvo? Tanti uomini hanno iniziato ad uscire di casa rasati a zero, e le persone si sono abituate. Ogni giorno ricevo sguardi e commenti sgradevoli, ma soprattutto richieste di coprirmi, ma perché dovrei farlo se sto bene con me stessa? Io mi accetto, e vedo il tutto da un altro punto di vista.
Chi ha detto che una donna sia “bella” solo se circondata da ciocche e boccoli?
Appunto, chi lo ha detto? Lo dico spesso nelle mie live. In generale, chi dice che una persona è bella o brutta? Dei ragazzi entrano nelle mie live per dirmi che sono brutta. Se non piaccio, possono non guardarmi, no?
Domanda finale: cosa consigli a una ragazzina (ma anche a un ragazzino) che si trovasse improvvisamente a convivere con l’alopecia?
Quando arriva l’alopecia, è molto stressante. Tanti genitori mi raccontano di figli e figlie che hanno perso i capelli di colpo (mentre a me è successo lentamente, e per tre volte). Cosa posso consigliare? Di guardarsi molto allo specchio, parlarsi a voce alta, e di, pian piano, accettarsi. Questo è il primo passo: accettare cosa sta accadendo. Io l’ho sperimentato.
Non è facile, ma fare questo esercizio aiuta. La voce alta aiuta rispetto al pensiero silenzioso, ed è importante pronunciare il proprio nome e dire “io ti amo”. Forse sono parole banali, ma mi hanno molto aiutato, e avrei voluto che qualcuno mi insegnasse questo esercizio all’inizio della mia malattia, e probabilmente non ci avrei messo quasi un anno per accettarmi. Io sono disponibile anche a parlare di persona, anche se penso che sarebbe ancora meglio confrontarsi tra coetanei.