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La lampada ad arco di Balla: quando il futurismo accese la luce

C’è una lampada che non illumina solo una stanza, ma tutto un movimento artistico. La lampada ad arco di Balla è una di quelle opere che ti fa chiedere: ma davvero stiamo parlando di una lampada, o di un manifesto tridimensionale del futurismo? Spoiler: entrambe le cose.

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Giacomo Balla. 1871-1958. Rome. Spazzolridente. Laughing Sweeper. 1918. Milan Museo del Novecento. Mouvement futuriste. Mouvement futuriste.

Balla e il futurismo: non solo velocità e automobili

Quando pensi al futurismo ti vengono in mente treni lanciati a 300 all’ora, urla metalliche, e qualche pittore in giacca troppo stretta che declama il progresso. E invece no. Giacomo Balla, signore elegante e un po’ folle, ha fatto molto di più. Pittore? Sì. Visionario? Anche. Designer? Assolutamente, anche se a lui non gliel’avevano ancora detto.

Tra le opere di Giacomo Balla, infatti, spunta lei: una lampada. Un oggetto di uso quotidiano, trasformato in scultura dinamica, espressione di un’estetica nuova, antiborghese, e smaccatamente provocatoria. In un’epoca in cui il design d’interni era ancora un “passami quel lume a petrolio”, Balla portava l’elettricità a teatro, letteralmente.

La lampada ad arco di Giacomo Balla: un UFO nel salotto borghese

Realizzata intorno al 1929 per la sua casa-studio romana, detta “Casa Balla”, questa lampada è tutto tranne che timida. Un arco esile e teso come un compasso in delirio, un corpo metallico che sembra atterrato da Marte e un gioco di luci che non serve solo a illuminare, ma a dare ritmo allo spazio.

La lampada ad arco di Giacomo Balla non si limita a essere funzionale: è un’esplosione di geometrie, un “taglio della luce” ante litteram che sembra progettato più per dialogare con l’infinito che con il comodino. In pieno stile futurista, si rifiuta di essere solo un oggetto: è un’esperienza.

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Opere futuriste che volevano distruggere il passato (ma con gusto)

Nel manifesto del 1909, Marinetti scriveva che bisognava distruggere i musei, le biblioteche e il culto del passato. Poi però ci sono le opere futuriste come questa, che ti fanno pensare: meno male che non hanno buttato via tutto.

La lampada ad arco si inserisce in quella piccola grande tradizione dell’opera d’arte di Giacomo Balla che ha sempre cercato un equilibrio instabile tra arte e funzione. C’è dentro tutto: la ricerca pittorica dei suoi dipinti (linee forza, vibrazioni, movimento), la sfida all’oggetto statico, l’idea che ogni cosa debba trasformarsi, possibilmente a ritmo di mitraglia.

Giacomo balla e le sue opere futuriste: pionieri del design moderno?

Altro che Bauhaus. Mentre in Germania si disegnava con il righello, Balla progettava col cuore e una spruzzata di delirio creativo. Le opere futuriste di Balla, come questa lampada, anticipano concetti che oggi diamo per scontati: il design come estensione dell’identità artistica, l’oggetto come narrazione, l’arredo come gesto politico.

E poi diciamocelo: a confronto, le lampade da tavolo di oggi sembrano uscite da un catalogo IKEA troppo timido. Questa invece è un affronto al buonsenso, un invito a vivere in modo più teatrale, più visionario. Magari anche più scomodo, ma chi ha mai detto che l’arte debba essere comoda?

E oggi? la lampada ad arco che anticipò i tempi

Oggi si parla tanto di design emozionale, di pezzi iconici, di “statement piece”. Balla, nel 1929, ci era arrivato con settant’anni di anticipo. La sua lampada non ha avuto la fortuna commerciale di altri oggetti di design, ma ha avuto qualcosa di più raro: è diventata simbolo. Simbolo di un’epoca che voleva cambiare tutto, anche la forma della luce.

Se la vedi dal vivo (può capitare in qualche mostra illuminata bene), preparati: non è solo una lampada. È una bomba a orologeria estetica che esplode ancora oggi, in silenzio, ogni volta che qualcuno accende l’interruttore con un po’ di coraggio

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