Solidarietà e un grande in bocca al lupo al Milovan Farronato, artista, critico, docente, curatore di fama internazionale, alla guida del Padiglione Italia della Biennale, che è stato vittima del pregiudizio da parte dell’assessora Elena Donazzan.
La scelta del curatore del padiglione Italia della Biennale di Venezia, dopo una selezione tra i 10 nomi più rappresentativi del panorama artistico nazionale, che hanno svolto attività significative come curatori ma anche nella ricerca, è ricaduta su Milovan Farronato, direttore e curatore del Fiorucci Art Trust, per il quale ha realizzato il Festival Volcano Extravaganza a Stromboli (festival annuale rivolto all’arte performativa), ed è stata comunicata pubblicamente dal neoeletto Ministro ai Beni Culturali Alberto Bonisoli, anche se la scelta, probabilmente, risale al suo predecessore Dario Franceschini.
Milovan, poco più che quarantenne, ha un curriculum d’eccellenza. E’ stato molto attivo all’estero, in particolare curando mostre in Polonia e Brasile, ha insegnato Cultura Visiva allo IUAV di Venezia, fa fatto il critico d’arte su riviste d’arte e di moda, tra cui Artribune, e si è confrontato con artisti di fama internazionale.
Non mi interessa l’orientamento eroticoaffettivo di Milovan, e neanche le sfumature della sua identità di genere, ma è proprio per la sua immagine “gender non conforming“, che ricorda il Rocker “Cheyenne”, interpretato da Sean Penn, nel film “This Must Be The Place“, che l’artista è stato attaccato dall’assessora veneta Elena Donazzan.
Ecco le parti più “significative” del discorso della Donazzan.
“Lei, pardon lui […] è stato chiamato a rappresentare l’Italia alla Biennale d’Arte veneziana del prossimo anno: non al Carnevale di Venezia quindi, ma all’appuntamento culturale più importante per il Veneto e l’Italia tutta, lui sarà il nostro biglietto da visita verso le migliaia di visitatori internazionali che parteciperanno alla Biennale.
[…] sia chiaro, ciò che fa nel privato non mi interessa. Ma posso dire che quando si deve rappresentare una Nazione servirebbe essere quanto meno… più autorevoli?
Non so voi, ma io non ho parole!”
A provocare il presunto “scandalo”, alcune foto su instagram in cui l’artista compare, con alcune amiche, con un po’ di rossetto e uno chignon.
Eppure, nel mondo degli artisti, e non solo, un look del genere non significa automaticamente essere una persona LGBT, né tantomeno essere poco autorevoli o affidabili.
Si pensi a Grayson Perry – uomo eterosessuale sposato con figli, la cui ambiguità e il cui “crossdressing” non hanno assolutamente limitato il fatto che viene celebrato dalla comunità e accolto persino dalla famiglia reale.
Tra i più interessanti contributi in difesa di Milovan, il blog “FinestraSullArte“, ma anche la rivista Rolling Stone, che pubblica una meravigliosa intervista al “punk” che guida il Padiglione Italia alla Biennale.
Concludo dicendo che, oltre ai tanti siti d’arte e alle riviste nazionali, il blog Irriverender vuole dare il suo contributo di solidarietà a Milovan, forse per il fatto che chi scrive, al momento, è una persona anch’essa gender non conforming, e architetto, e che forse dovremmo tutti impiegare maggior tempo a valutare la competenza professionale delle persone, e il loro valore etico e intellettuale, piuttosto che impiegare del tempo a stupirci se delle labbra maschili hanno un rossetto o delle labbra femminili non ce l’hanno.
A cura di Irriverender Arch. Bonnì