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Vignetta sulle barriere architettoniche: progettare sostenibile

Ecco una mia vignetta del gennaio 2016, nata da un disegno su un blocco note a quadretti e poi digitalizzata. L’avevo disegnata per riflettere sul fatto che il linguaggio è importante, ma non basta.

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C’era una volta un uomo di nome Matteo, che era diversamente abile e si muoveva su una sedia a rotelle. Matteo era una persona vivace, intelligente e affabile, ma la sua mobilità limitata presentava molte sfide nella sua vita quotidiana.

Matteo viveva in una città che si vantava di essere inclusiva e rispettosa dell’uguaglianza di tutti i suoi cittadini. Le persone con cui interagiva utilizzavano parole gentili e politicamente corrette per riferirsi a lui e si sforzavano di essere “inclusivi” nel loro linguaggio.

Ma purtroppo, Matteo si rese conto che il linguaggio gentile non bastava per superare le barriere architettoniche che lo ostacolavano nel suo ambiente. Le strade erano piene di marciapiedi alti e angusti, edifici pubblici e negozi non erano accessibili per lui, e spesso gli ascensori erano fuori servizio.

Le persone intorno a Matteo continuavano a usare termini come “diversamente abile” e “persone con disabilità”, ma si dimenticavano di fornire un sostegno reale e pratico. Matteo trovava frustrante che tutti si sforzassero di essere politicamente corretti, ma nessuno si prendesse la briga di abbassare un marciapiede o installare rampe di accesso.

Un giorno, Matteo decise di prendere in mano la situazione. Organizzò un incontro con i rappresentanti del comune e con alcune organizzazioni per i diritti dei disabili per discutere delle sue preoccupazioni e proporre soluzioni concrete.

Durante l’incontro, Matteo espose con chiarezza il fatto che il linguaggio inclusivo era solo l’inizio, ma ciò che realmente serviva era un cambiamento tangibile nell’ambiente circostante. Chiese che fossero effettuati interventi strutturali per rendere la città veramente accessibile a tutti, indipendentemente dalle capacità fisiche.

L’incontro ebbe un impatto significativo sui partecipanti. Capirono che era necessario passare dalle semplici parole agli atti concreti. Matteo li ispirò a vedere la differenza tra un’illusione di inclusione e una vera inclusione nella pratica.

Dopo quell’incontro, il comune iniziò a prendere misure per rendere la città più accessibile. Furono abbassati i marciapiedi, furono installate rampe di accesso e gli edifici pubblici furono ristrutturati per consentire l’accesso a tutti.

Matteo era soddisfatto dei progressi che stavano compiendo, ma sapeva che c’era ancora molto da fare. Capì che il linguaggio inclusivo era solo l’inizio, un segnale di rispetto e consapevolezza, ma era necessario un impegno concreto per rimuovere le barriere che ostacolavano la sua libertà di movimento.

La storia di Matteo ci insegna che il linguaggio inclusivo è importante, ma non è sufficiente da solo. È fondamentale unire le parole all’azione, impegnarsi per creare un ambiente accessibile per tutti, affrontare le barriere architettoniche e lavorare per una vera inclusione nella pratica. Solo allora possiamo creare una società in cui ogni individuo, indipendentemente dalle loro capacità fisiche, possa vivere una vita piena e soddisfacente.

vignetta ideata e realizzata da Irriverender Architetto Bonnì

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