Se pensi che l’automobile sia solo un mezzo per andare da A a B (con magari una sosta al bar C), è tempo di rivedere tutto. E se credi che l’arte sia roba da musei polverosi e scolaresche svogliate, peggio ancora. Perché c’è stato un momento, agli inizi del Novecento, in cui l’automobile e Boccioni hanno fatto più scintille di una marmitta bucata: quel momento si chiama futurismo. 🚗

Auto nel futurismo: non solo velocità, ma ideologia
Il futurismo, nato nel 1909 con il Manifesto di Marinetti (che, tanto per cominciare, dichiarava che una macchina da corsa è più bella della Vittoria di Samotracia), ha trasformato l’auto da oggetto a feticcio. Un’ossessione lucida e rombante, che incarnava tutto ciò che gli artisti futuristi amavano: velocità, tecnologia, rumore, cambiamento. Altro che natura morta e paesaggi bucolici.
L’“automobile nel futurismo” non era un soggetto qualunque: era la regina del palcoscenico visivo. Il simbolo di un futuro che schiacciava il passato sotto le ruote. Letteralmente.
Umberto Boccioni: l’uomo che mise il motore nel pennello
Boccioni è stato il pilota più spericolato di questa corsa artistica. Un artista totale, che non si è limitato a disegnare l’automobile in Boccioni come se fosse una bella carrozzeria da ammirare. No. Lui voleva dipingere la sua anima. O meglio: la sua forza dinamica.
In opere come Dinamismo di un ciclista (1913) o Elasticità (1912), più che un veicolo, vedi una scia di energia allo stato puro. Non ci sono linee ferme, non c’è prospettiva classica: tutto è movimento, tensione, spinta. Un po’ come cercare di fotografare un bolide a 300 km/h con un telefono del 2007.
Tra le opere futuriste di Umberto Boccioni, spicca Forme uniche della continuità nello spazio (1913), una scultura che sembra più un Transformer che una statua, e non è un caso. Quel bronzo sembra correre da solo, senza ruote ma con la stessa aggressività di una Bugatti.

Opere futuriste e motori: non chiamateli dipinti, chiamateli accelerazioni
Parlando di dipinti del futurismo, ci si trova davanti a quadri che sembrano partiture di rumore e velocità. Niente ha più senso se lo guardi da fermo.
Il futurismo e l’automobile sono inscindibili. L’auto è sia musa che mezzo: fonte d’ispirazione e incarnazione dell’ideale futurista. Persino nella pittura, Boccioni e i suoi colleghi (Carrà, Russolo, Severini) usavano l’auto per frantumare la realtà e riassemblarla come un collage in corsa. C’è chi vedeva nel motore una poesia. E chi vedeva solo un pretesto per rompere tutte le regole dell’arte accademica. Indovina da che parte stavano i futuristi?
Sculture di Boccioni: quando la massa prende la rincorsa
Se i dipinti futuristi ti fanno girare la testa, le sculture di Boccioni ti fanno venir voglia di metterti il casco. La già citata Forme uniche della continuità nello spazio non è solo la sua opera più iconica, è anche la più usata (pure sulla moneta da 20 centesimi, per dire). Ma ce ne sono altre, come Sviluppo di una bottiglia nello spazio, che gridano movimento in ogni curva, senza bisogno di marmitte o benzina.
La logica? Il corpo non è mai statico. E lo spazio non è un vuoto da riempire, ma qualcosa da attraversare, deformare, incendiare (artisticamente, si intende).

Boccioni e l’automobile: arte e cilindri, insieme sul podio
Parlare dell’automobile in Boccioni non significa fermarsi a una rappresentazione fedele o tecnica. Vuol dire capire come un oggetto meccanico diventa emozione visiva, come un artista riesce a fondere scienza, arte e motori in un unico gesto creativo. Il che, detta così, sembra un TED Talk, ma all’epoca era pura avanguardia.
E qui sta la forza: le opere futuriste di Boccioni non celebrano solo la macchina. Celebrano l’umano che la guida, che si fonde con lei, che la sogna più veloce, più forte, più presente. Una sorta di pre-cyberpunk con la bombetta al posto del visore.
Se non c’è rumore, non è arte (almeno secondo i futuristi)
Oggi siamo abituatɐ a pensare all’arte contemporanea come qualcosa che spesso non capiamo, che magari fa discutere ma non sempre coinvolge. Il futurismo no: ti investe. Ti acceca. Ti scuote. Ti costringe a guardare avanti mentre ti prende a sberle visive. E l’automobile, in tutto questo, è la metafora perfetta: è il simbolo di un mondo che non aspetta nessuno.
Quindi, la prossima volta che vedi una scultura di Boccioni, o un dipinto futurista con forme che sembrano esplose, non pensare “non capisco”. Pensa: “Sto guardando un motore acceso, senza marmitta e senza freni”. E ascolta il rombo. Perché l’arte, quando fa rumore, arriva più lontano.





